Il claustro
forma moduli funzionali con la corteccia
GIOVANNI ROSSI
NOTE E
NOTIZIE - Anno XIX – 19 novembre 2022.
Testi pubblicati sul sito www.brainmindlife.org della Società Nazionale
di Neuroscienze “Brain, Mind & Life - Italia” (BM&L-Italia). Oltre a notizie
o commenti relativi a fatti ed eventi rilevanti per la Società, la sezione
“note e notizie” presenta settimanalmente lavori neuroscientifici selezionati
fra quelli pubblicati o in corso di pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui
argomento è oggetto di studio dei soci componenti lo staff dei recensori della Commissione
Scientifica della Società.
[Tipologia del testo: RECENSIONE / AGGIORNAMENTO]
L’interesse
sempre vivo della nostra società scientifica per la ricerca su quella piccola lamina
di materia grigia scoperta da Vicq d’Azir subito sotto la sostanza bianca della corteccia dell’insula,
che prende il nome di claustro, è testimoniato dalle nostre numerose
recensioni degli studi più recenti e dagli aggiornamenti della ricerca sulla sua
fisiologia. Le estese connessioni multimodali del claustro ne hanno fatto
ipotizzare un ruolo nella coscienza; poi, col procedere degli studi e il
crescere delle conoscenze, la decifrazione della sua neurofisiologia si è
rivelata quanto mai ardua.
Fra i ricercatori
si è fatta strada l’idea di dover comprendere la ratio biologica dell’organizzazione
delle connessioni analizzandone i pattern essenziali nel cervello
murino. Infatti, sebbene si siano accumulati molti dati sulle connessioni fra
claustro e corteccia frontale, non solo non si riesce a prevedere su questa
base il criterio dei rapporti con le altre regioni corticali, ma non si è
ancora riusciti a trovare un criterio interpretativo sufficiente a costituire
un paradigma per la decodifica interspecifica dell’innervazione reciproca tra
claustro e corteccia cerebrale prefrontale.
Un nuovo
studio, cui ha partecipato Christof Koch – che collaborando con Francis Crick è
stato tra i primi al mondo ad esplorare la possibilità di un rapporto tra
claustro e coscienza – ha preso le mosse dall’analisi nel cervello murino dell’impatto
del claustro sull’attività della corteccia cerebrale, non limitandosi alla
regione frontale, ma approfondendo la relazione con le aree solitamente
trascurate della struttura corticale.
La
registrazione Neuropixel multi-regionale da più di
15000 neuroni corticali ha consentito di scoprire che gli effetti sulla
corteccia dell’input proveniente dal claustro variano in dipendenza: 1)
dell’area della corteccia cerebrale raggiunta; 2) dello strato corticale
innervato dai neuroni del claustro; 3) del tipo cellulare esaminato.
Dal complesso
dei dati emersi e dall’interpretazione “modulare” proposta dagli autori dello
studio, emerge un primo orientamento sul profilo funzionale dei rapporti tra claustro
e corteccia, che sicuramente sarà prezioso per il prosieguo della ricerca.
Prima di
riassumere i contenuti di questo nuovo studio si propone un cenno storico
introduttivo e la sintesi di un aggiornamento basato su un nostro studio del
2017 ripreso nel 2020 in occasione di nuove acquisizioni sul claustro nella
sincronizzazione[1].
(McBride
E. G. et al., Influence of claustrum on cortex varies by area,
layer, and cell type. Neuron – Epub ahead of print doi: 10.1016/j.neuron.2022.10.026, 2022).
La provenienza degli autori è la seguente: Allen
Institute, Seattle, WA (USA); Department of Electrical Engineering, Indian
Institute of Technology, Delhi (India).
Il claustro rimane indissolubilmente legato
nella storia della medicina alla fama del suo scopritore: Felix Vicq d’Azyr, brillante
neuroanatomista di grande talento artistico e scientifico, scopritore di varie
strutture cerebrali, fondatore dell’anatomia comparata e medico personale di
Maria Antonietta all’epoca della rivoluzione francese[2]. A
lui si attribuisce la realizzazione della tecnica di fissazione dei tessuti per
l’osservazione morfologica, grazie alla quale poté allestire un preparato che
evidenziava le piccole cuspidi di materia grigia sporgenti dalla lamina del
claustro nella sostanza bianca dell’insula di Reil.
La magistrale rappresentazione pittorica di questo
particolare da parte di Felix Vicq d’Azyr nella prima pubblicazione su questa formazione grigia telencefalica
del 1786, può ancora essere ammirata online grazie alla Bibliothèque Interuniversitaire de Santé, che consente di paragonare
la sua ottima riproduzione con i preparati moderni e con le immagini ottenute mediante
le più sofisticate tecniche basate sulla metodica della risonanza magnetica
nucleare (RMN o MRI)[3]. Le
protrusioni di gruppi di corpi cellulari del claustro nella struttura mielinica
delle circonvoluzioni dell’insula non sono state quasi mai riprodotte nelle
illustrazioni anatomiche dei successivi 230 anni, e la loro perfetta copia
manuale a grandezza naturale da parte di Vicq d’Azir rimane un’immagine più nitida e precisa di quelle che
si ottengono fotografando le sezioni dei moderni preparati. Si menziona questo
particolare, non per rendere merito all’abilità di un impareggiabile
disegnatore, ma perché le protrusioni grigie claustrali del cervello umano, dei
delfini e di vari altri mammiferi, sono state poste in relazione con i processi
che hanno determinato la morfologia del claustro stesso nell’evoluzione[4].
Nel nostro studio sul claustro del 2017, sviluppato
attraverso due discussioni, si è inizialmente seguito il taglio dato da Helen Sherk alla trattazione
dell’argomento nella principale monografia sul claustro[5]. Qui
di seguito si propongono in estrema sintesi i contenuti più rilevanti.
“La ricerca sulla fisiologia
del claustro ha avuto inizio negli anni Settanta, ma il numero dei lavori fino
ad oggi pubblicati è veramente esiguo, soprattutto se si paragona a quello di
altre formazioni grigie della base del telencefalo. Le ragioni sono facili da
comprendere: la localizzazione e,
soprattutto nei cervelli di maggiori dimensioni, la forma del claustro rendono molto difficile la rilevazione
dell’attività neuronica mediante elettrodi; allo stesso modo, la sua estrema sottigliezza nell’uomo, poco si adatta
ai metodi di neuroimmagine funzionale. Un altro aspetto di questa ricerca,
molto interessante e poco noto, è che lo studio sistematico della fisiologia
del claustro è stato intrapreso soltanto in due specie: il gatto (Felis silvestris catus) e il macaco (Macaca, varie specie).
Nel gatto le connessioni
consentono di distinguere nel claustro zone precise, quali la zona visiva, la zona somatosensoriale e motoria,
le zona uditiva e la zona ventrale. Nel macaco, invece, è
difficile dividere il nucleo in aree discrete, anche se nella parte
ventroposteriore si riconosce una zona visiva dai limiti indefiniti. Le
connessioni con la corteccia in entrambi gli animali sono state studiate in
dettaglio. Gli assoni che vanno dal claustro alla corteccia erano tradizionalmente
ritenuti eccitatori (da Costa et al.,
2010; LeVay, 1986), ma si è rilevato che la stimolazione
elettrica del claustro nel gatto sopprime lo sviluppo di potenziali d’azione
nelle cellule corticali di varie aree, inclusa l’area 4 (M1) e l’area motoria
supplementare 6. Anche l’area visiva 17 risulta soppressa dalla stimolazione
del claustro, in vari esperimenti; tuttavia è stata rilevata anche
un’eccitazione di breve durata, compatibile con le sinapsi eccitatorie claustro-corticali
formate sui dendriti dei neuroni della corteccia cerebrale[6].
Questi risultati devono essere considerati con cautela, perché variazioni
minori possono sfuggire al rilievo negli studi di lesione e, negli studi su
animali anestetizzati, possono passare inosservati cambiamenti motori o cognitivi.
Sono numerose le ipotesi sui
ruoli funzionali del claustro, ma solo poche hanno riscosso i consensi o
quantomeno l’attenzione della comunità neuroscientifica[7]. La
maggior parte delle tesi si focalizza sul fatto che l’informazione dei diversi
canali sensoriali converge su questo nucleo in zone separate, e che l’uscita
dal claustro verso gran parte della corteccia fornisca un’interazione
intermodale.
Le due principali ipotesi in
campo sono quella di Crick e Koch[8] e
quella detta del “mismatch”[9].
Francis Crick,
premio Nobel per la scoperta della struttura del DNA con Watson e Wilkins, e Christof
Koch, neuroscienziato presidente dell’Allen
Institute for Brain Science di Seattle, nel 2005 hanno ipotizzato che il
claustro colleghi differenti modalità di un evento del mondo reale per creare
una percezione altamente significativa.”[10].
Si deve però
notare che una sperimentazione diretta a verificare questa ipotesi (Remedios et al.,
2010)[11]
ha rilevato che né risposte visive, né risposte uditive erano accentuate nel
claustro quando si accoppiavano gli stimoli visivi e acustici. Per maggiori
dettagli in proposito si rimanda alla citata discussione del 2017, ma si deve
tener conto che la difficoltà maggiore per accettare questa ipotesi riguarda l’anatomia
interna del claustro. L’ipotesi richiede l’integrazione tra zone che elaborano modalità
sensoriali differenti, con assoni che collegano fra loro zone diverse del
nucleo, come avevano precisato nel 2005 gli stessi Crick e Koch[12],
ma già due anni dopo Rahman e Baizer, dopo una
accurata revisione dei lavori morfologici pubblicati fino allora, concludono:
“Nonostante numerosi studi anatomici del claustro […] c’è un’informazione
sorprendentemente limitata circa le connessioni interne”[13].
Pertanto, i dati morfologici indicano una prevalente funzione di controllo
inibitorio, con un corto raggio dei collaterali assonici insufficiente a
collegare le varie zone del nucleo.
La seconda ipotesi, avanzata
dagli stessi curatori della citata monografia sul claustro, ossia John R. Smythies, Lawrence R. Edelstein e Vilayanur S. Ramachandran,
propone che il mismatch o discordanza fra un’informazione
sensoriale e l’aspettativa cerebrale attiva il claustro, che elabora questa
discrepanza e invia informazioni alla corteccia cerebrale. In particolare,
seguendo gli stessi autori dell’ipotesi in un loro esempio con la percezione
visiva, si ritiene che un segnale di discordanza
sia inviato dal talamo al claustro quando l’input
sensoriale in arrivo non corrisponde “all’aspettativa del cervello su come
l’informazione dovrebbe essere”[14];
allora il claustro invia una raffica di potenziali d’azione a frequenza γ,
ossia all’incirca 40 Hz, alla corteccia visiva in corrispondenza della
specifica localizzazione retinotopica. Tale segnale,
secondo l’ipotesi, è propagato all’interno del claustro e successivamente è
inviato ad altre aree della corteccia cerebrale, sensoriali non visive e
motorie. Helen Sherk è lapidaria: “L’attuale
comprensione delle proprietà fisiologiche dei neuroni claustrali è
insufficiente per valutare questa ipotesi. Per verificare una risposta di
discordanza, si dovrebbero registrare i neuroni del claustro di un animale
sveglio che ha delle aspettative circa gli eventi futuri, cosa che non è stata
tentata”[15].
Riportiamo ora quanto
osservato nello studio del 2017 sull’ipotesi della discordanza (mismatch)
e lo scetticismo sul ruolo del claustro nella sincronizzazione, interessante
per comprendere il valore dello studio di Kimiya Narikiyo qui recensito:
“L’ipotesi della discordanza implica una previsione, ossia che i
neuroni del claustro presentino risposte multimodali, e tale previsione può
essere verificata. Se ci basiamo sugli studi ormai classici di Olson e Graybiel (1980) e di Sherk e LeVay (1981), non disponendo di altri più recenti, dobbiamo
dire che risposte multimodali nelle cellule nervose del claustro non sono state
trovate.
Un ostacolo all’ipotesi della discordanza, maggiore di
quello costituito dai problemi fisiologici, viene dall’anatomia. Il segnale di
discordanza dipende da un’attività retinotopicamente
precisa, riverberata dal corpo genicolato laterale, attraverso il nucleo
reticolare del talamo e poi i nuclei intralaminari talamici, per giungere al
claustro (Kolmac e Mitrofanis,
1977)[16]. Ma,
come è noto, non esiste un’organizzazione retinotopica
nei nuclei intralaminari (Salin, et al.,
1989)[17].
L’ipotesi implica poi un’attività propagata all’interno del claustro dalla zona
visiva alle zone somatosensoriali e ventrali, ma finora non è stato individuato
un sostrato anatomico per tale propagazione del segnale.
Infine, un ruolo del claustro
nella sincronizzazione di aree della corteccia distanti fra loro sembra davvero
poco probabile. Gli assoni claustro-corticali sono di piccolo calibro e
conducono molto lentamente: un’ipotetica raffica di potenziali d’azione
proveniente dal claustro non avrebbe la velocità per generare una sincronizzazione,
attraverso il rientro, fra aree distanti”[18].
Nell’approfondimento degli
studi sulla fisiologia del claustro abbiamo sinteticamente considerato le due
visioni principali: l’ipotesi formulata da Smythies,
Edelstein e Ramachandran propone che il claustro funzioni come un rilevatore di
sincronia, e come un modulatore ed integratore di oscillazioni sincronizzate[19]; Remedios e colleghi ritengono che la funzione del claustro
attenga al rilievo e all’elaborazione degli elementi più importanti e
significativi di un’esperienza (salience hypothesis)[20],
secondo quanto è emerso dai loro esperimenti condotti su primati svegli.
Smythies, Edelstein e Ramachandran rispondono alle critiche di Helen Sherk sulla loro ipotesi prendendo le mosse da questa
osservazione della Sherk:
“Una previsione dell’ipotesi
che può essere valutata, tuttavia, è che i neuroni claustrali abbiano risposte
multimodali”[21].
“In primo luogo, sottolineano
che l’affermazione si addice ad una precedente formulazione della loro idea
sulle funzioni del claustro, ma non è pertinente alla versione attuale[22]; poi
precisano che secondo loro ogni singolo neurone del claustro riceve fibre
afferenti da una sola modalità sensoriale. Tali cellule presentano infatti solo
risposte unimodali. Nella nuova versione dell’ipotesi, si sostiene che le
modalità differenti si mescolano quando questi neuroni generano oscillazioni
gamma all’interno del claustro in cui il cosiddetto sincizio GABAergico gioca
un ruolo chiave[23].
Si suppone che queste oscillazioni competano per la dominanza, e la frequenza
vincitrice attivi l’output motorio
del nucleo.
Smythies e colleghi poi controbattono all’affermazione della Sherk
secondo cui non vi sono evidenze dell’esistenza di sincizi GABAergici nel claustro,
rilevando innanzitutto che non vi sono evidenze del contrario, e poi che tali
dispositivi sono stati cercati solo nella corteccia e nello striato. I tre
studiosi sostengono che l’esistenza di sincizi FFI GABAergici e di gap junctions
nel claustro, si può considerare alla stregua di una previsione della loro
ipotesi, che sarà poi vagliata sperimentalmente[24].
Helen Sherk
osservava anche che la lenta conduzione delle fibre claustro-corticali le rende
inadatte a generare un effetto di sincronizzazione delle reti della corteccia
cerebrale. In risposta a questa osservazione, i tre ricercatori citano uno
studio condotto da Burns e colleghi (2011) nel quale si afferma che le
oscillazioni gamma non possono essere usate come orologi per precise codifiche
temporali, ma cionondimeno possono sincronizzare differenti reti γ-attivate
per un’accensione simultanea. Citano poi uno studio di Vicente e colleghi
(2008), nel quale si dimostra la capacità del cervello di compensare ritardi
temporali prodotti da proiezioni di lunga distanza, in parte mediante l’auto-organizzazione
dinamica di neuroni bersaglio lontani, che generano oscillazioni prive di
ritardo.
Infine, un’altra critica di
Helen Sherk, rivolta anche ai sostenitori dell’ipotesi
di Crick e Koch, rileva che in queste speculazioni si è preso in considerazione
solo il versante sensoriale, perché può essere esplorato negli animali
anestetizzati o svegli e immobili, ma se si dà uno sguardo anche sommario alle
connessioni corticali del claustro ci si rende conto che la massima parte
suggerisce un ruolo nell’elaborazione motoria e cognitiva. Rispondendo a questa
critica, Smythies, Edelstein e Ramachandran affermano
di condividere pienamente l’idea di una partecipazione del claustro all’elaborazione
cognitiva e, in cooperazione con il talamo superiore, all’elaborazione motoria”[25].
Dopo questo sintetico aggiornamento,
riprendiamo lo studio qui recensito che, oltre a stabilire in modo certo che
gli effetti del flusso di informazioni veicolati dagli assoni del claustro ai
riceventi post-sinaptici dei neuroni della corteccia dipendono dalla durata
della stimolazione, conferma una tesi sostenuta da numerosi ricercatori sulla
base di evidenze sperimentali precedenti, ovvero che i rapporti funzionali
claustro-corteccia sono organizzati in forma modulare[26].
Shawn R. Olsen, Christof Koch, Ethan G. Mc Bride e
colleghi, usando l’optogenetica e la registrazione Neuropixel
multi-regionale per più di 15.000 neuroni corticali di topi svegli, hanno
rilevato e dimostrato che l’effetto dell’input del claustro sulla
corteccia cerebrale differisce in dipendenza dell’area del cervello
considerata, dello strato di corteccia esaminato e del tipo cellulare.
La sperimentazione ha evidenziato due quadri distinti
e interessanti: 1) Stimolazione breve del claustro: una stimolazione di
breve durata, che produce approssimativamente un picco elettrico (spike)
per neurone del claustro interessa molti neuroni che scaricano
rapidamente (fast spiking o FS, che si
ritiene siano interneuroni inibitori) e un numero relativamente minore
di neuroni con una frequenza di scarica più bassa e costante (regular spiking o RS, che si ritiene siano neuroni eccitatori).
Tale stimolazione breve porta a un modesto decremento dell’attività delle
popolazioni neuroniche delle aree della regione frontale della corteccia
cerebrale del topo.
2) Stimolazione prolungata del claustro: una
stimolazione protratta del claustro interessa molti più neuroni corticali e può
sia accrescere che ridurre l’attività di scarica delle cellule nervose della
corteccia cerebrale stimolate. La maggiore eccitazione si registra nelle
regioni corticali posteriori e negli strati più superficiali
della corteccia, mentre l’inibizione così generata predomina nelle regioni
del lobo frontale e negli strati più profondi della corteccia.
Questi risultati, qui esposti in sintesi concettuale
ma verificabili nel dettaglio leggendo il testo integrale dell’articolo
originale, suggeriscono che i circuiti claustro-corticali sono
organizzati a formare moduli funzionali.
L’autore della nota ringrazia la
dottoressa Isabella Floriani per la correzione della bozza e invita alla lettura delle
recensioni di
argomento connesso che appaiono nella sezione “NOTE E NOTIZIE” del sito
(utilizzare il motore interno nella pagina “CERCA”).
Giovanni Rossi
BM&L-19 novembre
2022
________________________________________________________________________________
La Società Nazionale di Neuroscienze BM&L-Italia, affiliata alla International
Society of Neuroscience, è registrata presso l’Agenzia delle Entrate di Firenze,
Ufficio Firenze 1, in data 16 gennaio 2003 con codice fiscale 94098840484,
come organizzazione scientifica e culturale non-profit.
[1] Note e Notizie 16-05-20 Il ruolo del Claustro nella sincronizzazione.
[2] Felix Vicq d’Azyr,
oltre al claustro, ha descritto per primo il locus coeruleus, il locus
niger, il fascio mammillo-talamico
di Vicq d’Azyr e la benderella
di Vicq d’Azyr; ha
studiato i nuclei della base encefalica e le circonvoluzioni corticali. Morì in
circostanze rimaste oscure nel 1794, durante il Terrore seguito alla
rivoluzione francese.
[3] Felix Vicq d’Azyr, Traité d’anatomie et de physiologie avec
des planches coloriées representant au naturel les
divers organs de l’homme et des animaux,
vol. 1, François, Paris 1786.
[4] Buchanam K. J.
& Johnson J. I., Diversity of spatial relationship of the claustrum and
insula in branches of the mammalian radiation. Ann. N. Y. Academy of
Sciences 1225 (Suppl. 1), E30-E63, 2011.
[5] Helen Sherk, Physiology of the Claustrum (Ch. 5, pp. 177-191) in John R. Smythies,
Lawrence R. Edelstein, Vilayanur S. Ramachandran (eds), The Claustrum - structural, functional and clinical neuroscience. Elsevier
AP, 2014.
[6] Cfr. Helen Sherk, op. cit., p. 186, 2014.
[7] Si veda anche La neurochimica del claustro
quale traccia per decodificarne i ruoli funzionali in Note e Notizie 06-06-20
Notule.
[8]
Crick F. C. & Koch C., What is the function of the claustrum? Philos. Trans. R. Soc. Lond. B. Biol. Sci. 360, 1271-1279, 2005.
[9]
Smythies J., Edelstein L., Ramachandran V.,
Hypotheses relating to the function of the claustrum. Front.
Int. Neurosci. 6, 1-16,
2012.
[10] Note e Notizie 16-09-17 Discussione sul claustro.
[11] Cfr. Helen Sherk,
op. cit., p. 187, 2014.
[12] Crick F. C. & Koch C., op.
cit., 2005.
[13] Crf. Rahman e Baizer, Brain
Research 1159, 94-111, 2007, cit.
in Helen Sherk, op.
cit., p. 187, 2014.
[14] Smythies J., et al., op. cit., p. 2, 2012.
[15] Helen Sherk, op. cit., p. 188, 2014.
[16]
Cit. in Helen Sherk, op. cit., p. 188, 2014.
[17] Cit. in Helen Sherk, op. cit., ibidem.
[18] Note e Notizie 16-09-17 Discussione sul claustro.
[19] Smythies J. R., et al. Hypotheses relating to the
function of the claustrum. Front Integr Neurosci. 6, 53, 2012.
[20]
Remedios R., et al. Unimodal
responses prevail within the multisensory claustrum. Journal of Neuroscience 30, 12902-12907,
2010.
[21] Helen Sherk, Physiology of the Claustrum, p. 188, in John R. Smythies, Lawrence R.
Edelstein, Vilayanur S. Ramachandran (eds), The Claustrum - structural, functional and clinical neuroscience.
Elsevier AP, 2014.
[22]
La prima versione dell’ipotesi
si trova in Smythies J., et al.,
The functional anatomy of the claustrum: the net that binds. WebmedCentral Neurosci. 3
(3) WMC003182, 2012; la formulazione successiva è stata pubblicata in Smythies J.,
Edelstein L., Ramachandran V., Hypotheses relating to the function of the
claustrum. Frontiers
in Integrative Neuroscience
6, 53. doi: 10.3389/fnint.2012.00053, 2012.
[23] Nella corteccia è stata
dimostrata l’esistenza di una un’estesa rete polisinaptica
bidirezionale costituita da giunzioni elettriche; si suppone che vi sia nel
claustro un simile sostrato anatomico alla base della sincronizzazione.
[24]
Cfr. John R. Smythies, Lawrence R. Edelstein, Vilayanur S. Ramachandran (eds), The Claustrum -
structural, functional and clinical neuroscience, p. 344, Elsevier AP, 2014.
[25] Note e Notizie 23-09-17 Seconda discussione sul claustro.
[26] Chia Z., et al. Synaptic Connectivity between the Cortex and
Claustrum Is Organized into Functional Modules. Current Biology – June 11,
2020 – Epub ahead of print doi: 10.1016/j.cub.2020.05.031, 2020.